Commercio: nel 2021 chiuderà 1 impresa su 4 in ristorazione e alloggio
Meno negozi, meno attività ricettive e di ristorazione e solo farmacie e informatica e comunicazioni in controtendenza col segno più. Questo il quadro delle città italiane come emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi d...
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								Meno negozi, meno attività ricettive e di ristorazione e solo farmacie e informatica e comunicazioni in controtendenza col segno più. Questo il quadro delle città italiane come emerge dall’analisi dell’Ufficio Studi di Confcommercio “Demografia d’impresa nelle città italiane” secondo cui tra il 2012 e il 2020 è proseguito il processo di desertificazione commerciale.
Negozi fisici e ambulanti in forte riduzione
Nel dettaglio, in circa otto anni, sono spariti 77mila negozi in sede fissa, con una riduzione del 14% e quasi 14mila imprese di commercio ambulante (-14,8%)mentre per converso cresce dell’8,8% il numero di attività di alloggio e ristorazione. A a livello territoriale, il Sud, rispetto al Centro-Nord, perde più ambulanti, ma registra una maggiore crescita per alberghi, bar e ristoranti. La pandemia inoltre acuisce certe tendenze e ne modifica drammaticamente altre: nel 2021, solo nei centri storici dei 110 capoluoghi di provincia e altre 10 città di media ampiezza, oltre ad un calo ancora maggiore per il commercio al dettaglio (- 17,1%), si registrerà per la prima volta nella storia economica degli ultimi due decenni anche la perdita di un quarto delle imprese di alloggio e ristorazione (-24,9%).
Quanto alle dinamiche riguardanti ambulanti, alberghi, bar e ristoranti, a fronte di un processo di razionalizzazione dei primi (-19,5%), per alberghi e pubblici esercizi, che nel periodo registrano rispettivamente +46,9% e +10%, il futuro è molto incerto.
Nel commercio totale (ingrosso e dettaglio), in particolare, le imprese italiane si sono ridotte del 6,9% e quelle straniere sono cresciute del 27,5%, confermando il ruolo del commercio per le attività degli stranieri e anche quanto sia importante per il commercio l’attività degli stranieri.
Anche il commercio elettronico, che vale ormai più di 30 miliardi, registra cambiamenti a causa della pandemia: nel 2020 è in calo del 2,6% rispetto al 2019 come risultato di un boom per i beni, anche alimentari, pari a +30,7% e di un crollo dei servizi acquistati (-46,9%).
Centri storici: potenziali chiusure nel 2021
I settori soggetti a chiusure per gli eventi eccezionali del 2020, ossia la pandemia, sono il commercio al dettaglio non specializzato, carburanti, computer e telefonia, mobili e ferramenta, libri e giocattoli, vestiario e calzature, commercio ambulante, alberghi, bar e ristorazione. Sono esclusi da questa stima tutti quei settori (commercio alimentare in sede fissa, commercio elettronico, farmacie, tabaccherie e altri) per i quali l’impatto della pandemia è stato meno violento rispetto agli altri.
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