Economia circolare: l’Italia resta un’eccellenza europea ma con alcune “criticità”
L'industria italiana del riciclo si conferma un'eccellenza del nostro Paese e una risorsa strategica per l'economia circolare e la decarbonizzazione dell'economia nazionale ed europea, un prezioso strumento per ridurre la nostra dipendenza energetica ma dal 2020 l'uso circolare di materia in Italia sta vivendo una fase di contrazione
L’industria italiana del riciclo si conferma un’eccellenza nazionale e una risorsa strategica per promuovere l’economia circolare e sostenere la decarbonizzazione, sia a livello nazionale sia europeo. Ma il problema è che dal 2020 si registra una contrazione nell’uso circolare delle materie in Italia. È quanto emerge dal rapporto “L’Italia che Ricicla 2024”, elaborato da Ref per Assoambiente. Di fatto, la pandemia ha frenato la transizione dell’Italia verso un’economia circolare, lasciandola ancora tra i leader dell’Ue ma con un calo nelle prestazioni, negli investimenti e nei livelli occupazionali.
Per rafforzare il ruolo strategico del riciclo, secondo Assoambiente, “è necessario seguire un’agenda di riforme che veda impegnate istituzioni nazionali ed europee e operatori del settore”.
Dati italiani al di sopra della media europea
L’industria del riciclo in Italia si conferma storicamente un’eccellenza a livello europeo. Nel 2022, il tasso di circolarità dei materiali nel nostro Paese ha raggiunto il 18,7%, ben al di sopra della media europea dell’11,5% e superando quello di Germania e Spagna. In alcuni settori, come quello dei minerali metalliferi, si registrano punte significative, con un tasso di circolarità del 47%. Inoltre, il contributo dell’economia circolare al Pil italiano è tra i più alti in Europa, rappresentando il 2,5% del prodotto interno lordo nel 2021 e superando la media degli altri grandi Paesi dell’Ue.
Tuttavia, queste performance rischiano di indebolirsi nel tempo. I primi segnali di un rallentamento sono già visibili: mentre la crescita economica recente è stata trainata dall’edilizia, dall’industria e dal commercio, il valore aggiunto dell’economia circolare è rimasto stagnante.
Dove si registrano le criticità
Dopo anni di crescita costante nell’uso di materiali circolari nei processi produttivi, l’espansione del Pil registrata negli ultimi anni ha portato a un incremento del consumo di materie prime vergini, sia domestiche che importate, a scapito dell’utilizzo di materiali riciclati. Questo cambiamento ha aggravato l’impatto ambientale della produzione italiana.
Dato emblematico è l’aumento dell’impronta di materia, cioè l’insieme delle risorse impiegate per soddisfare il consumo e gli investimenti: nel 2023, ogni italiano ha utilizzato in media 11,1 tonnellate di materia. Rispetto al 2019, l’impronta materiale dell’economia italiana è cresciuta del 5,5%, mentre nello stesso periodo l’Europa ha registrato una riduzione del 6,3%, con cali significativi in Paesi come Francia (-8,4%), Germania (-14,2%) e Spagna (-20,9%). Questa tendenza evidenzia l’incapacità dell’Italia di disaccoppiare la crescita economica dagli impatti ambientali, un obiettivo cruciale per uno sviluppo sostenibile e competitivo.
L’Italia necessita di nuovi investimenti per rilanciare l’economia circolare. Attualmente, la quota di Pil destinata a questo settore si attesta allo 0,7%, un dato inferiore sia alla media europea (0,8%) che a quello di Paesi come Germania (0,9%) e Francia (0,8%).
Questa frenata si riflette anche sul fronte occupazionale: sebbene l’Italia mantenga il primato per numero di lavoratori nei settori del riciclo, riparazione e riutilizzo, con circa 613mila occupati a tempo indeterminato, si registra una perdita di oltre 30mila posti di lavoro rispetto al 2020. È l’unico calo tra le principali economie dell’Ue, evidenziando la necessità urgente di interventi mirati per invertire questa tendenza.
Agenda 2030 per il riciclo, i punti da seguire
È necessario quindi cambiare rotta; da qui l’appello per l’adozione di una “Agenda 2030 per il riciclo”, con proposte di policy sia a livello europeo che nazionale “per dare risposte concrete alle istanze degli operatori”, si legge nel rapporto. L’Agenda 2030 si compone dei seguenti punti:
- Il completamento del mercato unico europeo per i prodotti riciclati.
- Il riconoscimento del contributo del riciclo alla decarbonizzazione.
- Un favore fiscale per il riciclo.
- Il rafforzamento delle attività complementari al riciclo.
- Un ripensamento normativo e amministrativo delle regole per il riciclo.
“Per rinforzare il mercato unico dei beni riciclati, occorre armonizzare la disciplina giuridica e le procedure burocratiche tra i diversi Paesi dell’Ue. In tal senso, è auspicabile che vengano varati Regolamenti UE sull’EoW efficaci, quanto meno per le filiere strategiche della plastica, della carta, dei metalli e delle terre rare, mutuando eventuali best practices nazionali già pienamente funzionanti”, spiega il rapporto.
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