Tim-CDP, primo passo su rete unica: 5 mesi di tempo per sugellare l’accordo (vincolante). Per Equita rete vale 21 miliardi
Prende forma il processo di integrazione delle reti Tim e Open Fiber con la firma di una prima intesa. L'ufficializzazione è arrivata ieri con l'ok dei consigli di amministrazione di Open Fiber, Cdp e Tim alla lettera di intenti (Memor...
Prende forma il processo di integrazione delle reti Tim e Open Fiber con la firma di una prima intesa. L’ufficializzazione è arrivata ieri con l’ok dei consigli di amministrazione di Open Fiber, Cdp e Tim alla lettera di intenti (Memorandum of Understanding, MoU) che punta a creare una rete unica. Una decisione formale, ma al momento non ancora vincolante: le parti si sono, infatte, date cinque mesi di tempo, fino al 31 ottobre, per concretizzare l’intesa. Un primo significativo passo ma inserito in un percorso ancora lungo e complesso, come emerge dai tempi che le parti si sono lasciati per arrivare a un accordo vincolante. Una notizia che sta sostenendo Tim a Piazza Affari, con il titolo che avanza di quasi il 3% a 0,2884 euro (Tim sta cercando di recuperare terreno, con la performance a 1 mese pari a +3,7%).
Ora la data clou è il 31 ottobre: al momento c’è una intesa senza vincoli
Dopo mesi di trattative, le parti si sono impegnate a negoziare in via esclusiva ma senza vincoli i termini e condizioni dell’operazione con l’obiettivo di addivenire alla firma di eventuali accordi vincolanti entro il 31 ottobre 2022. “Pertanto, la sottoscrizione di tali accordi sarà portata all’approvazione dei rispettivi organi deliberanti e soggetta all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni (incluse quelle in materia di antitrust) da parte delle Autorità nazionali ed europee competenti”, si legge nel comunicato congiunto. Inoltre, a prescindere dalla struttura che potrà essere da ultimo individuata e condivisa, l’operazione sarà sottoposta all’approvazione dell’assemblea degli azionisti de gruppo tlc guidato da Pietro Labriola.
“L’obiettivo – si legge nel comunicato congiunto – è avviare un processo volto alla creazione di un solo operatore delle reti di telecomunicazioni, non verticalmente integrato, controllato da CDP Equity (CDPE) e partecipato da Macquarie e KKR, che consenta di accelerare la diffusione della fibra ottica e delle infrastrutture VHCN (Very High Capacity Networks) sull’intero territorio nazionale, permettendo così l’accesso ai servizi più innovativi ed efficienti offerti dal mercato alla generalità della popolazione, agli enti pubblici e alle imprese, contribuendo in tal modo ad uno sviluppo più celere, duraturo e sostenibile del Paese”.
Per quanto riguarda la struttura, “La Stampa” in edicola oggi ricorda che “ogni opzione è valida ma l’ipotesi della cessione, secondo fonti finanziarie, è la preferita di Tim. La rete dell’ex monopolista, dalla dorsale fino all’ultimo miglio e con questa anche la parte internazionale con Sparkle, verrebbe venduta a Open Fiber in cambio del trasferimento di una buona parte del debito o addirittura con un pagamento tutto cash, tematiche che saranno ora al centro delle discussioni”.
Tornando al comunicato stampa ufficiale, i potagonisti dell’operazione hanno condiviso che il tutto possa articolarsi mediante la separazione delle attività infrastrutturali di rete fissa da quelle commerciali di Tim – mediante un’operazione societaria o combinazione di operazioni societarie da definirsi – e l’integrazione delle prime con la rete controllata da Open Fiber con modalità da definirsi. Una volta portata a termine questa operazione, sul mercato italiano, Tim potrà focalizzare in via prioritaria le proprie attività nei servizi di telecomunicazione e trasmissione di dati.
Aspettando il Capital Market Day (CDM) del 7 luglio
Guardando in prospettiva al progetto di scissione della rete, si attende anche il Capital Market Day (CDM) del 7 luglio. “Dal comunicato emerge che Tim è pronta a dismettere completamente la rete. Non è del tutto chiaro invece il perimetro, che potrebbe includere anche il backbone oltre alla rete d`accesso e a Sparkle”, commentano gli analisti di Equita secondo i quali “la cessione in toto è preferibile alla cessione della maggioranza in quanto aumenta i proceeds per un asset non più controllato e aumenta le chance di approvazione da parte delle autorità“. Il passaggio assembleare, aggiungono gli analisti della sim milanese, offre maggiori garanzie che sia un`operazione di interesse per gli azionisti Tim e quindi ci sembra positivo e opportuno, vista la rilevanza dell`operazione.
Per Equita la rete vale 21 mld
Non sono emerse indicazioni puntuali di valore per la rete, che saranno parte del negoziato. Osservando invece i numeri gli articoli di stampa indicano un range 16-21 miliardi, con un valore medio intorno a 18 miliardi. Nelle ipotesi di Equita, con il perimetro di Netco delineato a marzo, noi valutiamo la rete 21 miliardi di enterprise value e 5 miliardi equity di pertinenza di Tim. “Il CMD potrebbe non avere ancora indicazioni puntuali sui valori della rete, ma potrà fornire chiarimenti sugli economics dell`asset da dismettere, e sulle strategie di ServCo (e in particolare di EnterpriseCo)”, aggiungono da Equita che confermano la raccomandazione hold sull’ex monopolista.
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