Cassa integrazione: perdita media in busta paga di 472 euro
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Un taglio di circa il 36% in busta paga per i lavoratori finiti in cassa integrazione, ordinaria e straordinaria, a causa del Covid-19. L’assegno che un lavoratore, rimasto a casa per effetto del coronavirus e finito in cassa integrazione, riceverà sarà in media del 36% più basso della sua retribuzione netta, ben oltre il 20% della decurtazione minima per legge. E la perdita tende a salire più è alto lo stipendio. Si va, infatti, da una decurtazione media del 25% per le professioni non qualificate ad una del 45% per professioni scientifiche e di elevata specializzazione.
Sulla base delle stime elaborate dall’Osservatorio Statistico Consulenti del Lavoro a partire dai dati Istat, solo il 39% dei cassintegrati riceverà un taglio minimo del 20% rispetto al salario mensile, come previsto dalla legge. Per la maggioranza dei lavoratori che beneficiano degli ammortizzatori sociali, la perdita in termini reddituali sarà invece molto più alta e pari, in media, al 36%: di fronte a una retribuzione mediamente di 1.324 euro al mese, si riceverà un assegno di 851 euro, inferiore di ben 472 euro. Ma la perdita tende a salire più è alta la retribuzione del lavoratore interessato dal trattamento. Si va, dunque, da una decurtazione media del 25% per le professioni non qualificate ad una del 45% per professioni scientifiche e di elevata specializzazione.
Le professioni maggiormente interessate dai tagli, sono quelle a più alta qualificazione, a partire da quelle intellettuali e ad elevata specializzazione, per le quali si stima che l’assegno di cassa integrazione risulterà inferiore di 764 euro rispetto alla retribuzione netta, pari ad una decurtazione del 45%. A seguire le figure tecniche riceveranno 646 euro in meno, pari ad una decurtazione del 41% sulla retribuzione netta.
Anche le professioni intermedie, con retribuzioni nette mensili attorno ai 1.300 euro, superano in gran parte i massimali previsti dalla normativa e riceveranno pertanto un trattamento inferiore del 33% del loro stipendio, con una perdita di 428 euro per le professioni esecutive del lavoro d’ufficio (le cui entrate medie mensili passeranno da 1.292 a 863 euro) e di 431 euro per gli artigiani e operai specializzati. Simile la situazione di operai, conduttori impianti e macchine, le cui entrate saranno decurtate del 35%, passando da 1.383 euro a 902 euro.
I dati diffusi dall’Osservatorio Statistico Consulenti del Lavoro riflettono un quadro di situazioni molto più articolato, derivanti dal
differente effetto della normativa che fissa dei massimali di importi erogabili in funzione delle classi retributive, pari a 939,89 euro per retribuzioni pari o inferiori a 2.159,48 euro (retribuzione lorda e ratei delle mensilità aggiuntive) e 1.129,66 per retribuzioni superiori.
Anche da un punto di vista territoriale il quadro appare differenziato, rispecchiando le caratteristiche di una struttura occupazionale che varia nel paese. Con un taglio medio della busta paga che va dal 37% del Nord (pari a circa 512 euro) al 36% del Centro (469 euro in meno), al Sud, dove la maggiore concentrazione di lavoratori su profili professionali e retributivi medio bassi porta ad un taglio leggermente più basso, pari al 33% (396 euro). Trentino Alto Adige, Lombardia e Liguria, sono le regioni in cui i cassintegrati subiscono il taglio più significativo, mentre nel Mezzogiorno, a retribuzioni inferiori corrispondono perdite minori: dal 33% della Campania al 31% della Calabria.